Costruzione e successivi rifacimenti
La chiesa di Santa Maria del Prato fu fondata nel 1172 durante il consolato di Sigismondo Muscula, quale Priorato dell’Ordine Mortariense di Santa Croce che, sorto nel 1083 ad opera di Don Adamo di Mortara, brillava in quel tempo per santità e dottrina. Nel 1449, però, essendosi i Mortariensi fusi con i Canonici Lateranensi, anch’essi agostiniani, Santa Maria di Albaro venne affidata in commenda ad ecclesiastici secolari (nel 1463 era commendatario G. B. Cybo, canonico della Cattedrale di Genova che fu poi Cardinale e Papa col nome di Innocenzo VIII). Inizia per la chiesa un lento ma inesorabile degrado…
Divenendo pericolante per lo sgretolamento delle murature, fu abbattuto il coro (1699) e con esso la cripta sottostante; sempre nello stesso anno è riferito l’atterramento del colonnato nell’attiguo chiostro interno.
Il secolo XVIII segnò per S. Maria d’Albaro un’era di rinascita. Questa è legata al nome di un nobile e facoltoso prelato: Mons. Carlo Maria Giuseppe De Fornari (si può vedere l’epigrafe nel chiostro). Vescovo di Aleria nel 1713, solo due anni dopo passò alla sede di Albenga alla quale però rinunciò quando, nel 1730, fu designato Priore ed Abate di S. Maria d’Albaro. Si preoccupò innanzi tutto di restaurare le antiche mura; iniziò grandiosi lavori di rifacimento che in breve trasformarono il vecchio e già mutilo tempio romanico in una discreta chiesina settecentesca; fece aprire un rosone sopra alla porta della parete laterale, in corrispondenza di Piazza Leopardi.
Per adempiere gli obblighi assunti sin dal 1718 (anno in cui, con Breve di Clemente XI, egli aveva ottenuto il giuspatronato per sé e per i discendenti della sua famiglia “con obbligo di raddoppiare le entrate con nuovi fondi da sé istituiti”), egli istituì a servizio della chiesa due cappellanie perpetue e ne aumentò notevolmente il censo. Ad assicurarne la prosperità anche per l’avvenire lasciò ai suoi eredi formale obbligo di mantenere i diritti e gli oneri inerenti al possesso della Chiesa.
Tutti gli scrittori dell’epoca danno notizia dell’intervento dei De Fornari e dei diritti da loro acquistati sull’abbazia di Albaro; sappiamo anzi che, oltre alla chiesa e convento annesso, la nobile famiglia si rese proprietaria, almeno negli ultimi decenni del secolo XVIII, anche delle numerose abitazioni che fiancheggiavano il famoso prato da cui la chiesa aveva cominciato a prendere nome.
L’ora della prova venne per Santa Maria del Prato con il famoso blocco del 1800, quando, al tempo della II coalizione, le truppe francesi del Generale Massena, assediate dagli austriaci per terra e per mare, difesero disperatamente la città fino al 4 giugno. In quel triste periodo la nostra chiesa, già da qualche tempo privata del suo clero, fu deplorevolmente saccheggiata ed adibita a scuderia ma, nel 1801 Costanza De Fornari la riaprì al culto (lapide nel chiostro datata 1816 ). Costanza fu aiutata dallo zelante Abate Martini che si occupò della nostra chiesa per ben 45 anni (leggiamo nella lapide posta alla sua morte – 1846 – che fu di questa chiesa priore e restauratore).
Succeduto al Martini nel 1846 l’Abate Poggi, l’Abbazia godette ancora trentaquattro anni di discreta vitalità ma, con la sua morte, avvenuta nel 1880, essendo declinata, dopo il 1850, la prosperità economica dei De Fornari, venne chiusa al culto fino al 1888 anno in cui fu acquistata dalle Suore Clarisse che vi rimasero fino al 1938.
Dopo questo anno, 1938, la chiesa fu salvata da una possibile demolizione quando a seguito del trasferimento dell’esiguo numero di Clarisse ancora residenti nel convento, la proprietà venne messa in vendita. A restituirla, però, alla sua dignità di monumento, fu la sensibilità ed il contributo finanziario delle Suore dell’Immacolata, nuove proprietarie dal 1940, e all’impegno scientifico dell’allora Soprintendenza ai Monumenti, sotto la direzione dell’architetto Carlo Ceschi. I lavori vennero conclusi nel 1950 con la rimozione dello strato di intonaco settecentesco riscoprendo il rigore delle pareti a conci squadrati di pietra e la ricostruzione delle porzioni di muratura e del tetto crollate anche a seguito dei bombardamenti; venne restituita alla chiesa la sua bellezza originale. Detto restauro terminò nel 1951.
Attualmente la chiesa viene tenuta aperta e disponibile per essere visitata, tutte le domeniche dalle ore 15,30 alle ore 18,30, da ottobre a giugno compreso; in essa si può visitare, nel Presbiterio superiore, la Mostra: “L’uomo e il Santo” dedicata a Sant’Agostino Roscelli, Sacerdote genovese e Fondatore dell’Istituto delle Suore dell’Immacolata, e la Sua tomba che si trova nella parte laterale della Cripta.
Tale apertura della chiesa è possibile per la generosità di un gruppo di volontari che si prestano a fare assistenza e da guida.
I volontari sono un buon numero, di età diversa e appartenenti alle svariate categorie: alunni ed ex del Liceo Scientifico dell’Istituto di Piazza Paolo da Novi, Genitori della Scuola Materna, Elementare, Media, Liceo e Nonni simpatizzanti dell’istituzione.
Tale gruppo si è autonominato “Amici di Santa Maria del Prato”.
L’impegno, svolto lodevolmente, con entusiasmo, con attenzione e competenza, è quello di far da guida a chiunque lo richieda e, soprattutto di permettere ad ogni visitatore di gustare non solo la semplice ed austera bellezza della struttura architettonica ma anche di impregnare il proprio spirito di quell’atmosfera mistica di cui S. Maria del Prato è pervasa.
Vengono di frequente organizzati: Mostre, Concerti, Conferenze culturali e tavole rotonde secondo un programma che viene presentato in tempo utile.
Soprattutto i concerti, dei più prestigiosi musicisti e le mostre di pittura, individuali e collettive, collocate nell’attiguo chiostro, richiamano molti visitatori.
Obiettivo dell’iniziativa è salvaguardare dal degrado una delle testimonianze storico artistiche ed architettoniche di rilievo del periodo di passaggio tra il romanico e il gotico presenti a Genova ed in Liguria.
Nel 1951 è stata restaurata la torre campanaria.
Documentazione Tecnica – l’ ultimo intervento del 2014 ha rivolto l’attenzione al consolidamento murario marcato da scagliature, distacchi, esfoliazioni dei conci di pietra ma soprattutto al rinforzo strutturale in quanto si rilevava una importante carenza nel sistema di contrasto delle spinte degli archi delle navate interne verso la facciata la quale evidenzia un vistoso fuori piombo.
Non di secondo ordine è stata la necessità di rinnovare il manto di copertura dell’edificio che presentava numerose rotture e cadute degli elementi di ardesia che lo costituivano con possibilità di infiltrazioni d’acqua.
Si è evidenziato inoltre un degrado diffuso dovuto alla presenza di agenti biodeteriogeni, patina biologica, incrostazioni ed un’alterazione cromatica della pietra in facciata conseguente alla stesura di un prodotto protettivo avvenuta nel 1994 per cui si è provveduto al lavaggio oltre all’opportuno consolidamento. Sulla stessa facciata, è stato eseguito un intervento di pulitura e rimozione di incrostazioni dei marmi del portale d’ingresso ed al consolidamento strutturale dell’architrave.
L’affresco raffigurante la Vergine con il Figlio e Angeli, di evidente influsso bizantino, presente sulla lunetta del portale è stato liberato dal vetro protettivo che lo racchiudeva e restaurato.
Il bene, per le sue integre caratteristiche, può inserirsi in una serie di emergenze storico ed architettoniche, proprie di uno stile tanto essenziale, austero ma ricco di fascino, tra quella serie di monumenti di cui Genova è dotata: la Cattedrale di S. Lorenzo, le Chiese di S. Stefano, S. Donato, S. Matteo, S. Giovanni di Prè ecc., e si inserisce ad un livello di prim’ordine in quanto è rimasta l’unica del suo genere a conservare lo stile originale, tra le altre chiese fondate dai Mortariensi:
Priorato di S. Giovanni di Paverano, Priorato di S. M. del Monte, Priorato di S. Maria di Prà, Priorato di S. M. di Granarolo, Priorato di S. M. di Castello, Priorato di S. M. delle Vigne e Basilica di S. Teodoro con le quali ha intrecciato rapporti e vicende storiche fin dalla sua fondazione.
Il bene in oggetto è sottoposto a vincolo di tutela ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004.