L’edificio romanico sorse in Albaro più di otto secoli fa, per iniziativa di facoltosi cittadini genovesi, che lo affidarono ai canonici riformati della Ecclesia di Santa Croce di Mortara; questi erano chierici, cioè sacerdoti, diaconi o semplici frati, che, professando la regola di Sant’Agostino, conducevano vita comune.
La forza di questa istituzione era la solida coesione interna e la serietà dell’osservanza religiosa e regolare. Di ciò è eloquente il fatto che più di un canonico mortariense ricevette la dignità episcopale e almeno due di loro raggiunsero gli onori degli altari.
La chiesa di Santa Maria del Prato sorge nella zona di S. Francesco d’Albaro e precisamente all’angolo tra Piazza Leopardi e la stretta Via Parini verso la quale è volta la facciata, mentre dalla piazza è visibile soltanto la disadorna fiancata nord, assai poco appariscente.
Il nome assegnato inizialmente alla costruzione e che continuò ad esserle ufficialmente riconosciuto per quattro secoli secondo la testimonianza di scrittori e cronisti accreditati, fu quello di Santa Maria di Albaro. Siccome, però , la località in cui è ubicata la chiesa era, fino al secolo XVIII, completamente disabitata ed occupata da una vasta area erbosa, con l’andare del tempo il monumento cominciò ad essere indicato, con gergo volgare, mediante l’appellativo di Santa Maria del Prato: appellativo che conserva tuttora, anche se, al posto del “prato”, si estende un popoloso e signorile quartiere urbano.
...Non tutti sono chiamati ad essere artisti nel senso specifico del termine. Secondo l'espressione della Genesi, tuttavia, ad ogni uomo è affidato il compito di essere artefice della propria vita: in un certo senso, egli deve farne un'opera d'arte, un capolavoro"...
Dalla lettera agli artisti di Giovanni Paolo II