Suore dell'Immacolata

La carita 4

 

LA CARITÀ

AMORE DOVUTO A GESÙ CRISTO

Il divino amore ha due oggetti: uno è la Divinità con tutti i suoi divini attributi e perfezioni infinite, l’altro è l’umanità di Gesù Cristo con tutte le sue prerogative ineffabili. I veri amanti di Dio, quelli che bramano le maggiori finezze del divino amore, amano immensamente: Iddio: Uno e Trino, Creatore e Conservatore di tutte le cose; e il Verbo del Padre, Redentore e Salvatore di tutto il genere umano. Gesù Cristo stesso si fece promulgatore e maestro di questo amore divino, dicendo: « Questa è la vita eterna: conoscere Dio, unico e vero, e Colui che ha mandato sulla terra, Gesù Cristo suo divin Figlio ». Come Gesù Cristo unì nel Vangelo queste due cognizioni di Dio e di Se stesso, e le disse ugualmente necessarie e salutari, così anche noi dobbiamo, unire questi due amori di Dio e di Gesù Cristo, come ugualmente necessari. Dopo aver parlato dell’amore che dobbiamo a Dio, è bene che parliamo di quello che dobbiamo portare a Gesù Cristo, Signor nostro: so bene che nelle passate istruzioni qualche cosa già si è detto, ma non sarà fuor di proposito trattare in modo più particolareggiato questa materia, essendo questo uno dei punti essen ziali della nostra religione. Esaminiamo quindi i molteplici motivi che ci devono spingere ad amare ardentemente nostro Signor Gesù Cristo in questa vita, per poterlo amare eternamente nel cielo.

Come infiniti sono i motivi che ci devono spingere all’amore di Dio, così non si finirebbe più, se volessimo enumerare tutti quelli che ci spingono ad amare Gesù Cristo. Io ne toccherò solo alcuni, per non abusare della vostra pazienza.

Il primo è questo: perché Gesù Cristo è figlio di Dio, vero Dio come il Padre e lo Spirito Santo. « Sì, dice l’apostolo S. Paolo, Gesù Cristo è l’immagine perfetta del Divin Padre, la figura della sua sostanza, lo splendore della sua gloria ». Egli è il Figlio unigenito del Padre, nato prima di tutti i secoli; Dio che procede da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero; generato dal Padre, ma non fatto, perché consustanziale al Padre, e per mezzo di Lui sono state fatte tutte le cose. Questa è una verità combattuta dalla superbia dei pagani, dalla cecità degli Ebrei, dall’empietà degli Ariani e di altri, ma invano, perché tutta la religione cattolica ce la insegna e costituisce il fondamento della nostra santa fede.

Questo divin Figlio, generato prima di tutti i secoli, si è fatto uomo nella pienezza dei tempi. Dice S. Giovanni: quel Verbo divino, che da tutta l’eternità era presso Dio e che Egli stesso era Dio, si fece carne: et Verbum caro factum est. Ma per qual motivo questo Verbo eterno si è fatto carne? Per quale ragione è sceso dal cielo in terra e, nel seno di una Vergine,

ha voluto assumere la nostra umanità e unirla alla sua divina Persona e farsi uomo simile a noi? Per amor nostro, per l’eterna nostra salvezza, « Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo… e si fece uomo ». Come dunque, possiamo non amare questo amabilissimo Gesù che tanto e così grandemente ci ha amato, fino a prendere le nostre spoglie mortali e a farsi uomo per la nostra salvezza? Se noi fossimo caduti in estrema miseria, e fossimo divenuti schiavi, e vedessimo un monarca di questa terra scendere dal suo trono e venire egli stesso in persona a liberarci dalla schiavitù, non ci sembrerebbe di non avere affetti sufficienti per corrispondere a tanta finezza e a tanto amore? Ma non è stato un monarca di questa terra, è stato il monarca dell’universo che è sceso dal cielo in terra per venire, Egli in persona, a liberarci dalla durissima servitù del demonio e del peccato. E per questo amabilissimo Signore, non avremo tenerezza di cuore ed infuocati affetti? Saremo solo per Lui insensibili e forse anche limitati nell’amore? Forse che, venuto Egli nel mondo per amor nostro e per liberarci da sì dura schiavitù, lo fece, come si poteva anche fare, senza patimenti e fatica? Ma come la vita di Gesù Cristo fu un continuo esercizio d’amore verso di noi, così non fu che un susseguirsi di sofferenze, di fatiche e di stenti, a cui, per amor nostro, si volle assoggettare. Non basta: per liberarci dalla morte eterna, Egli volle sottomettersi ad una dolorosissima passione e ad una morte crudelissima e ignominiosa, quale fu la morte di croce. Basta un’occhiata a questo divin Crocifisso, per vedere questo eccesso d’amore e capire che, se noi abbiamo cuore, siamo tenute a riamarlo immensamente. Non vi è maggior contrassegno, dice lo stesso divin Redentore, per dimostrare l’amor vero, quanto dare la vita per la persona amata. Ora quest’ultima prova d’amore l’ha voluta dare Gesù Cristo per noi. Non solamente Egli ha voluto tanto patire per noi, ma ha voluto versare, fino all’ultima stilla, il suo sangue prezioso e dare la stessa sua vita alla morte di croce. Se, dunque, ci ha riscattato dalla servitù del peccato mediante tante pene, con lo spargimento di tutto il suo sangue e con la sua stessa vita, non è giusto che noi l’amiamo con l’amore più intenso e più acceso possibile?

Aggiungete che Gesù Cristo ha fatto per noi non solo l’ufficio di Redentore, riscattandoci dal peccato a costo della sua stessa vita, ma continua anche a fare l’ufficio di nostro avvocato presso l’eterno suo Padre, riconciliandoci nuovamente a Lui, se mai, per disgrazia, ricadiamo nella schiavitù del peccato. E’ vero che la ragione vorrebbe che, liberati una volta dal peccato a prezzo così caro, quale fu lo spargimento totale del preziosissimo sangue e la morte di un uomo-Dio, non tornassimo mai a peccare; ma chi non sa, invece, quanto accada il contrario? Si pecca frequentissimamente, per fragilità e per malizia, e pochi, pochissimi, sono i giorni in cui noi possiamo dire di non aver mancato in qualche cosa. Tutto questo vedeva il buon Gesù e perciò, volendo ad ogni costo la nostra salvezza, anche a questo pensò di provvedere, facendosi nostro avvocato presso il suo divin Padre e intercedendo continuamente per noi, affinché ci siano perdonati dalla divina misericordia i nostri attuali peccati. « Figlioli miei – diceva ai primi cristiani l’apostolo S. Giovanni -, io vi scrivo queste cose, affinché non pecchiate, ma se alcuno cadrà, non si perda per questo di coraggio, perché lassù nel cielo abbiamo presso il divin Padre per avvocato, Gesù Cristo, giusto e innocente ». Egli è Colui che Lo rende propizio e Lo placa per i nostri peccati e per quelli di tutto il mondo. Il suo sangue prezioso ci monda da ogni peccato, e i meriti infiniti della sua passione soddisfano pienamente per noi la divina giustizia del Padre. Quale amore pertanto, quale riconoscenza dobbiamo noi a un tale avvocato che, dopo averci salvato, ci riconcilia ancora al divin Padre, con l’offerta degli infiniti suoi meriti, qualora, per nostra disavventura, tornassimo a perdere, peccando, la divina amicizia! Potremo noi essere freddi ed insensibili verso un amante così generoso e magnanimo?

Egli, continua S. Paolo, non solo è nostro avvocato, ma è l’unico mediatore tra Dio e noi, è Colui che solo ci riconcilia con Dio per la nostra pace. Sì, ripete l’Apostolo, quanto di bene c’è in noi, tutto ci viene da questo Salvatore divino: Gratia Dei per Dominum nostrum Jesum Christum. Ed ecco la ragione per cui la santa Chiesa, ispirata dallo Spirito Santo, quando chiede grazie a Dio, termina sempre le sue orazioni con questa clausola: Per Dominum nostrum Jesum Christum. La santa Chiesa sa che Gesù Cristo è il canale per cui viene a noi la divina misericordia. Anzi lo stesso divin Redentore, per indurci a chiedere con più coraggio a Dio qualsivoglia grazia, c’insegna che senza dubbio la conseguiremo, se la chiederemo al Padre in suo nome: « Amen dico vobis, si quid petieritis Patrem in nomine meo, dabitur vobis ». Non vi pare dunque, sorelle, d’essere noi tenuti ad amare di cuore questo tenerissimo amante? E chi può esprimere quanto sia grande questo nostro dovere? Come ci lusingheremo di essere cristiani e religiose, se non ameremo sopra tutte le cose l’Unigenito Figlio di Dio? Senza amare Gesù, non potremo neppure essere noi amati da Dio, il quale asserì sulle rive del Giordano e sulla cima del Tabor, che Questi era il suo Figlio diletto, l’oggetto delle sue compiacenze e che tutti dovevano ascoltarlo. Con questo, chiaramente volle dirci che se vogliamo essere suoi veri seguaci, noi dobbiamo necessariamente amarlo. Anzi, se Iddio ci ama, è perché noi amiamo il suo dilettissimo Figlio. « Il Padre vi ama, dice lo stesso Cristo ai suoi discepoli, perché voi mi amate ». In altro luogo aveva già detto: « Chi ama me, sarà amato dal Padre mio ». Ecco dunque il mezzo sicuro per essere amati dal Padre eterno: amare molto il suo diletto Figlio.

Un altro motivo di amare molto Gesù Cristo è, perché Egli è il nostro Signore e padrone. Questo bel titolo di « nostro Signore » è quello che gli vien dato in tutti i simboli apostolici ed ecclesiastici; con questo titolo in cento e mille luoghi lo nomina S. Paolo. E sapete per quali titoli egli è nostro Signore e padrone?

a) Lo è come Dio per titolo di creazione, perché ci ha fatti tutti dal nulla. « Tutto, dice S. Giovanni, è stato fatto per Lui, e senza di Lui niente è stato fatto ».

b) Lo è come Uomo-Dio, per titolo di redenzione, perché con la sua passione e morte ci ha redenti e salvati, e noi siamo una sua gloriosa conquista.

c) Lo è finalmente, perché noi ci siamo dati tutti a Lui e a Lui consacrati nel Battesimo e nello stato religioso. Sì, o Gesù, il nostro Battesimo è il titolo del nostro impegno: in vostro nome fummo rigenerati; là abbiamo rinunziato per sempre al demonio, cioè al peccato, e a tutte le vanità; là abbiamo solennemente promesso di non seguire altri che Voi, di non avere altro di mira che la vostra gloria. Il fonte sacro ove con l’onda santificante siamo stati lavati, è il testimonio delle nostre promesse. Il cielo e la terra, che udirono le nostre parole, si leverebbero contro di noi, se vi mancassimo. La stessa promessa, almeno implicitamente, noi l’abbiamo rinnovata e confermata nel dedicarci interamente a Voi nello stato religioso. Voi, dunque, siete, o Gesù, il nostro Signore e padrone, e noi felici, se corrispondiamo ai doveri che questo titolo comporta!

Ma qual è, o mie dilette, il principale dovere che abbiamo, e che Gesù brama e domanda da noi? Che Lo amiamo. Questa è la gratitudine e la corrispondenza che Egli desidera. Giustamente: amore richiede amore. Gesù operò tutto per nostro amore: la discesa dal cielo sulla terra, gliela fece fare solo l’amore. Se si è abbassato fino a noi, facendosi uomo, lo fece per diffondere il suo amore, perché potessimo noi accostarci a Lui con maggiore confidenza.

Tutti i suoi misteri sono misteri di amore; la sua legge è legge di amore; il suo regno è regno di amore: così la gratitudine che domanda da noi, è gratitudine di amore.

Con quale amore gli mostreremo la nostra riconoscenza? Che dobbiamo fare noi per amor suo? Gli apostoli mossi da questo santo amore, hanno percorsa con la loro predicazione tutta la terra, per stabilire il regno di Cristo; in difesa della sua fede, i martiri hanno sparso il loro sangue; i confessori hanno sofferte tante fatiche; le vergini gli hanno consegnato tutte se stesse e il loro cuore indiviso; in una parola, tutti i santi, non hanno voluto vivere che per Gesù Cristo e per la sua gloria. L’amore di Gesù Cristo, quando il tiranno lo stimolava a rinnegarlo, fece uscire S. Policarpo in quelle sì generose e insieme sì tenere espressioni: « Sono settant’anni che ho cominciato a servire Gesù Cristo: Egli non mi ha fatto mai alcun male, anzi mi ricolmò d’ogni bene. Come posso io, dunque, essergli ora infedele e rinnegarlo? No, non lo farò mai ».

Animiamoci anche noi di questi stessi sentimenti: stabiliamo in cuor nostro di voler sempre amare e servire questo amabilissimo Gesù che per tanti titoli si merita tutto il nostro amore, e saremo felici nel tempo e nell’eternità. Amen.