Qualche anno fa l’U.S.M.I. genovese aprì un convegno sulla Vita Consacrata. Tra i relatori vi era fratel Ettore, camilliano, di indiscussa fama, conquistata accanto agli emarginati, ai poveri. Chi l’ha conosciuto sa che fratel Ettore non si spostava mai da solo, c’erano sempre con lui quei «piccoli» a cui aveva dedicato la vita.
Quella volta si trattava di una madre accompagnata da tre – quattro figli. In tarda mattinata, il più piccolo comparve, tra i convenuti, alla ricerca di fratel Ettore. Poco prima che lo raggiungesse, la testolina ricciuta venne accarezzata e scompigliata da una mano compiacente, suscitando il seguente commento di fratel Ettore: «Un bambino non si accarezza come si accarezzerebbe un cagnolino o un peluche! Ci si sente tranquilli e soddisfati per un gesto così. Un bambino va considerato e amato con rispetto» e si chinò interessandosi del bambino.
Una cosa è il sentimentalismo autocompiacente ed autoreferenziale, altro è l’amore. Il Papa ha avuto modo di sottolinearlo chiaramente, legando sentimento, volontà ed intelligenza insieme, quali propedeutici all’amore.
Al sentimento assegna la responsabilità della «scintilla» che fa nascere l’amore; alla volontà e all’intelligenza la capacità di difendere e orientare l’amore verso il bene dell’altro. Il quadro completo di riferimento è la fede che permette di riconoscere all’amore le giuste dimensioni.
Il Signore ha voluto legare le realtà più grandi insieme e l’amore è stato unito alla vita. L’amore è la sorgente, il custode e il fine della vita. Tuttavia anche la vita, il bene più grande che ci è stato consegnato, se viene invasa dall’amore gli cede la priorità.
Gianna Beretta Molla, conquistata da quella forma impagabile d’amore che è quello materno, sceglie la fedeltà all’amore a scapito della sua vita.
Padre Massimiliano Kolbe, preso dall’amore per Dio e per i fratelli, lascia la sua vita pur di poter, in un luogo di orrore, compiere l’atto più libero che un essere umano in quelle condizioni potesse fare: dimostrare di amare tanto uno sconosciuto fino a donargli quello che gli era rimasto, la propria vita.
Chiediamoci: che cosa esiste, nell’universo, di più grande dell’amore che ci permette di impossessarci di un bene tanto grande come è la vita che ci è stata data e che rimane a noi in parte misteriosa?
Vi è una realtà più grande? La tentazione contenuta nel libro della Genesi ossia l’albero della conoscenza del bene e del male e l’albero della vita preclusi all’uomo, sono sottomessi all’amore.
Quel che è certo è che la vita è stata creata, ma l’Amore no.
L’Amore crocifisso dona vita e salvezza. Mentre Cristo perde la propria vita non cessa di amare cessa di vivere, ma non di amare: l’Eucaristia, da poco istituita, ne è inoppugnabile testimonianza, memoriale, presenza d’amore, dono dell’immensa libertà di Dio.
L’amore è una realtà che ci porteremo in Cielo, sarà il nostro tesoro più grosso, come lo è qui sulla Terra.
Solo una persona che ama può dirsi tale, ossia persona umana, perché sa quello che vuole, è creativa, ha un senso e uno scopo nella vita. Una persona che ama può andare in crisi quando scopre di amare troppo poco, di poter amare di più e, tuttavia, di non farlo, ma uscirà dalla sua crisi con un amore rafforzato, più forte.
L’amore è un dono della grazia di Dio dato a ciascuno di noi, insieme alla libertà. Se conoscessimo meglio la potenza dell’amore, forse crescerebbe la riconoscenza verso il nostro Papa che ha voluto iniziare il suo Pontificato con l’Enciclica: «Dio è amore».
La potenza divina dell’amore partecipata a noi non può essere racchiusa in un’Enciclica perché l’amore cerca la vita, ci cerca, cerca ciascuno di noi. Lasciamoci interpellare dall’amore, sarà una Pasqua diversa: sarà una Pasqua di Risurrezione con Cristo, il Dio morto e risorto per amore nostro. Auguri.
Madre M. Rosangela Sala
Per il Periodico “Preghiera e Azione” – marzo 2006