“Poi prese in mano il suo bastone, si scelse cinque ciottoli lisci dal torrente e li pose nel suo sacco da pastore che gli serviva da bisaccia; prese ancora in mano la fionda e mosse verso il Filisteo” (1 Sam 17, 40).
Non solo cinque ciottoli
l primo agosto 2010, con la partecipazione alla preghiera dell’Angelus presieduta da Papa Benedetto XVI, si è sciolta l’assise capitolare che ha visto riunite ventiquattro Sorelle. L’esperienza intensa è stata centrata sul servizio: come qualificarlo perché la vita divenga sempre più simile a quella di Cristo a cui ci ispiriamo? Risposta non facile e senz’altro impegnativa.
L’attuale sessennio – tempo che ci separa dal prossimo Capitolo – ci darà il polso dell’efficacia o meno dell’evento che, quest’anno, si è celebrato. Noi, però, siamo oggi la speranza concreta che la celebrazione del Capitolo 2010 non è stata vana.
Nel primo libro di Samuele 17ss si legge che Davide, con stupita insistenza, chiedeva ai soldati di Saul: “Cosa darà in cambio il re a colui che abbatte il Filisteo?”.
I doni erano magnifici: ricchezze, una principessa come sposa, l’esenzione dalle tasse (eh sì, c’erano anche allora…) e Davide non capiva perché nessuno accettasse di “tentare”; non capiva l’atteggiamento di rinuncia a tanti benefici. Non so in chi ci identifichiamo noi se in Davide, desideroso dei doni, o nei timorosi Israeliti perché, la “stazza” di Golia, era comunque un comprensibile deterrente.
La vicenda di Davide è molto interessante. Davide è tanto simile a ciascuno di noi. Davide non era un perfetto, aveva dei difetti, lo troviamo alle prese coi suoi peccati e con le conseguenze della sua boria; amato, minacciato, perdonato, deriso, esaltato, perseguitato, vincitore. Davide è uno che lotta.
L’episodio glorioso di Golia è solo l’inizio della sua avventura non solitaria. Davide aveva un alleato, che non erano i cinque ciottoli, ma Colui a cui appartenevano anche i cinque ciottoli insieme ai cieli ed alla terra: Dio. Davide non era mai solo. Ha vissuto tutta la sua esistenza alla presenza di Dio, cosciente di questa presenza che cambia la vita e che di fatto gli ha cambiato la vita. Dopo che, con uno dei cinque ciottoli, ha avuto la meglio sul Filisteo, Davide non è stato più lo stesso perché aveva fatto una forte esperienza della presenza di Dio nella sua vita. Egli sapeva benissimo che la lotta era impari e che cinque ciottoli benché levigatissimi erano una bazzecola di fronte a corazze, elmo, spada e lancia. È il Signore, di cui Davide si fidava fin da quando doveva affrontare le bestie feroci che aggredivano il suo gregge, che ha cambiato le sorti del duello a suo favore. Dio era accanto a Davide e Davide era diventato invincibile. Egli lo sapeva perché non era uno sciocco.
Quando recitiamo il simbolo della nostra fede, il “Credo”, diciamo delle parole bellissime: “Credo in Dio Padre onnipotente…”. “Onnipotente!” ma noi crediamo a questa onnipotenza o no? È vero che esiste un proverbio che recita: “Aiutati che il Ciel ti aiuta”, ma spesso l’aiuto che noi diamo al piano di Dio è così totale ed invadente che paralizza ed ingessa anche la nostra azione, bloccando intenzioni generose. La stessa situazione in cui è incorso Davide, una volta rivestito con le armi del generoso Saul: non poteva più muoversi.
E allora occorre liberarsi, restare e voler essere ciò che siamo: uomini e donne in ricerca, peccatori tentati ad essere recidivi, dotati di armi di difesa modeste ma col cuore grande, capace di ospitare la presenza di Dio. La gioia di essere alla presenza di Dio ha riempito Davide fino a spingerlo a danzare. La danza è il linguaggio del corpo. Una gioia incontenibile anche per il corpo; ecco perché la danza di Davide era travolgente, fuori misura.
Vivere con Dio o vivere senza Dio, non è la stessa cosa. Vivere con Dio cambia la vita. I nostri doni, “i cinque ciottoli”, sono rivalutati. La prospettiva stessa dell’esistenza si apre all'”oltre”. La solitudine non è più tale perché ci scopriamo in relazione con la Fonte stessa della vita. Una relazione personale non da padrone-servo ma da padre-figlio, una relazione d’amore, liberamente voluta da Dio e da noi.
In questa libertà si gioca la nostra vita, i nostri doni. Ognuno ha i suoi doni, i “cinque ciottoli” con cui affrontare le sfide della vita, ma questi non sono tutto. La parte più importante è scoprire che vi è una Persona con cui è possibile condurre l’esistenza e che questa Persona è in grado di allargare le nostre prospettive, una Persona che ci ama e rispetta.
Muoversi nel mondo coscienti di questa relazione, di questo dialogo esistenziale, dà sicurezza e ci rende capaci di avere occhi per soccorrere il prossimo e cuore per farlo in fretta e col dovuto rispetto.
Forti, grazie alla fede in Dio, ben piantati e radicati, usiamo ora tutto quello che ci è stato dato con la tenacia di coloro che sanno per Chi e con Chi stanno vivendo e dove stanno andando.
La fede è l’inizio di una vita “diversa”, una vita che non teme nulla, neppure la morte. La fede è allora alimento della vita e sua custode. Come ogni alimento benefico, va cercata ed assunta personalmente nella certezza che il nostro benessere spirituale incide sul nostro stesso fisico, sulla psiche, per giungere a coloro che ci vivono accanto e trasformare lentamente l’ambiente che ci circonda.
Vale la pena muoversi verso Dio.
Sr. M. Rosangela Sala