Suore dell'Immacolata

Amore di Gesu verso gli uomini 1

 

AMORE DI GESÙ VERSO GLI UOMINI

(con la parola – Prima Istruzione)

Senza l’amore del prossimo, abbiamo già visto che non può sussistere quell’amore di Dio che Gesù Cristo è venuto dal cielo ad accendere in terra. Ma il prossimo non lo si deve amare solo con le opere, ma lo si deve amare anche con le parole, cioè: istruirlo, correggerlo e confortarlo tutte le volte che la santa legge della carità lo richieda: anzi l’amore in opere non sempre sarà necessario, invece l’amore in parole quasi sempre; il primo, spesso, sarà per molti impossibile, il secondo, al contrario, è sempre possibile a tutti.

Gesù Cristo, il quale ci ha così bene dimostrato il Suo amore con le opere, non poteva certo tralasciare di documentarcelo anche con le parole; poiché se Egli cominciò a fare, cominciò pure ad insegnare, e si dimostrò potente sia nelle opere che nelle parole.

Per fare la debita stima di questa nuova prova dell’amor suo, basta ricordarsi in quali tenebre di ignoranza giacesse avvolto il genere umano quando comparve Gesù nel mondo.

Gli stessi ebrei, popolo da Dio prediletto, a cui Dio tante volte aveva parlato: ora per mezzo dei Suoi angeli, ora per bocca dei Suoi Profeti, in quale ignoranza erano caduti! Basti dire che Gesù poté loro rimproverare d’aver resa vana la divina legge con le loro superstiziose tradizioni; infatti i maggiori tra i loro savi: i pontefici e i sacerdoti, non seppero vedere nella legge ebraica, quel Cristo che era figurato e promesso in ogni pagina.

Era dunque necessario che a dissipare tanti errori Iddio mandasse Gesù Cristo, Suo Figlio unigenito, a dirci parole veramente sante e santificatrici, perché dirette unicamente a convertire l’uomo dalla sua iniquità.

Ascoltiamolo dunque, Sorelle mie, questo divino Maestro e dopo aver visto ciò che Egli ha fatto per nostro amore, vediamo ora ciò che Egli, per nostro amore, ha detto, sia per convertire i peccatori dai loro vizi, sia per incoraggiare a progredire coloro che intraprendono la pratica della virtù, sia infine, per stringere sempre più i vincoli della Sua santa amicizia con coloro che sono già avanti nella via della perfezione.

Tratterò in due istruzioni questo argomento per non abusare troppo della vostra pazienza.

«Io non sono venuto – dice Gesù nel Vangelo -a chiamare i giusti, ma i peccatori, perché sono i malati che hanno bisogno del medico, non i sani». I peccatori, dunque, dovevano essere la più grande preoccupazione del Suo cuore amante e lo furono realmente. Le parole che rivolge loro sono leggi immacolate, leggi che, allontanandoli dal male, mirano a convertirne le anime.

Gesù Cristo, pertanto, comincia a predicare e la Sua prima predica è questa: «Fate penitenza, perché il Regno dei Cieli si è avvicinato», che è quanto dire: «Mutate i pensieri, cambiate indirizzo ai vostri affetti, staccatevi dalla terra e volgetevi, con sentimento di vero amore a quel cielo che avete perduto, cielo che io sono venuto ad aprirvi». E perché i miseri mortali non credessero di poter contemporaneamente amare il cielo e la terra, lo spirito e la carne, Dio e le proprie voglie, soggiunge subito quell’altra grande massima: «Nessuno può servire a due padroni di tendenze opposte e contrarie; perciò o odierà l’uno e amerà l’altro; o tollererà l’uno e disprezzerà l’altro, non potendo servire a Dio e al mondo, cioè ai beni di lassù e all’amor proprio.

Né contento di ciò, sottolinea ancora di più questo punto, così necessario per staccarci dai beni della terra e dice: «Non vogliate ammucchiarvi tesori qui sulla terra, dove la ruggine e la tignola possono consumarli e dove i ladri possono portarseli via; ammucchiate piuttosto tesori nel cielo, dove né ruggine né tignola possono consumarli e dove i ladri non possono portarseli via». Quindi da tali premesse deriva una infallibile conseguenza, la quale, bene intesa, basta, anche da sola, a convertire tutti gli uomini: «Poiché, soggiunge, a che giova all’uomo guadagnare anche il mondo intero, che non è suo, se poi perde l’anima, che è veramente sua? Che cosa potrebbe dare l’uomo in cambio dell’anima sua, che non può essere sostituita da un’altra?».

Quanto sono profonde le Vostre parole, o Signore, che staccano i cuori da ogni affetto terreno e volgono le anime alla ricerca dei beni imperituri del cielo! Veramente essi sono molto più desiderabili dell’oro e delle pietre preziose! Io non posso, o mio Signore, ripensare alle Vostre parole senza commuovermi di tenera riconoscenza, poiché mi ricordo che sono appunto quelle stesse con le quali un giorno parlaste a me pure e mi allontanaste dall’amore del mondo, dietro il quale anch’io correvo. Siatene benedetto in eterno, o mio buon Gesù!

Ma Gesù, Sorelle mie, ha cuore troppo tenero verso i poveri peccatori, per accontentarsi di averli allontanati dal peccato; Egli vuole di più: che si incamminino sulla via della virtù, che è necessaria per giungere alla salvezza eterna. Per questo comunica loro i sentimenti del Suo cuore, e le Sue parole sono quelle di un maestro saggio e fedele, intento soltanto ad istruire nella vera sapienza, questi neo-convertiti.

Dice Gesù a costoro: «O voi, che volete salvarvi e giungere alla santità, entrate per la porta stretta: perché la porta larga e la via spaziosa sono quelle che conducono alla perdizione e molti purtroppo sono coloro che si avviano per quell’entrata. Quanto invece è angusta la porta, quanto è stretta la via, che conduce alla vita! E quanto pochi sono quelli che la sanno trovare!».

Né basta aver trovato questa strada e questa porta, bisogna anche camminare su di essa se si vuole arrivare al termine desiderato: al Cielo. Bisogna cioè fare opere buone, poiché non colui che dice: «Signore, Signore» entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del mio Padre Celeste, quegli solo entrerà nel regno dei cieli.

Nel giorno estremo molti mi diranno: «Signore, non abbiamo noi forse nel tuo nome profetato, cacciato i demoni, operato molti prodigi?». Ma Io protesterò di non riconoscerli per miei seguaci e dirò loro: «Partitevi da me, voi tutti che operate il male e non vi curate di opere buone; andate al fuoco eterno come alberi secchi e infruttuosi».

Poteva Gesù, Sorelle mie, parlare più chiaro per farci conoscere la necessità che tutti abbiamo di fare opere buone, per conseguire l’eterna salute?

Eppure quasi ciò non bastasse a farci comprendere l’importanza di fare opere buone, aggiunse ancora che noi le dobbiamo fare a qualunque costo, sapendoci privare anche delle cose più care, quando queste ci fossero di impedimento a praticare la virtù. «Se la tua mano o il tuo piede, – Egli dice, per mezzo di Matteo – ti sono occasione di scandalo, cioè di peccato, tagliali e gettali lontano da te, poiché è meglio per te entrare monco o zoppo nella vita eterna, che venir gettato con ambedue i piedi e ambedue le mani nel fuoco eterno. E se l’occhio tuo destro ti riesce di scandalo, cavalo fuori e gettalo lontano da te, poiché è meglio per te che perisca uno dei tuoi sensi, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato ad ardere nel fuoco».

Che dite voi, Sorelle mie, a queste chiare parole di Gesù Cristo?

Vi pare che possiamo ancor noi addurre scuse o pretesti, per non privarci di quelle cose, e allontanarci da quelle persone o da quel luogo che spesso ci presentano l’occasione di cadere in qualche difetto?

Vi pare che possiamo noi continuare senza scrupolo a non mortificarci in nulla né nel conversare né

nel parlare né nel guardare mentre sappiamo – e l’esperienza insegna, – che questo nostro conversare, parlare e guardare liberamente, torna sempre a scapito dell’anima nostra e, se non fosse altro, ci riempie di vani pensieri e di grande dissipazione?

Gesù al precetto che impone a tutti di prendere la via stretta, cioè di mortificarci in tutto ciò che può recare danno all’anima, e di privarci perfino di ciò che ci fosse caro, come l’occhio, o necessario, come la mano e il piede, aggiunge la sanzione e dice: «Chi avrà fatto il bene un giorno risorgerà a nuova vita, per non morire mai più. Quelli, al contrario, i quali avranno operato il male, risorgeranno anch’essi, ma solo per essere giudicati o condannati».

O mio buon Salvatore, con quante industriose sollecitudini venite Voi procurando il mio vero bene e con quanto amore mi sollecitate a far frutti degni di penitenza!

Le Vostre minacce sono figlie del Vostro amore, il quale minaccia solo per non dover poi castiga-re. Voi fate come quel buon padre, il quale sgrida e minaccia i suoi figli, per non essere obbligato a ricorrere alla verga per punirli. O Gesù buono, ricordatemi spesso, ve ne prego, ricordatemi spesso la strada stretta del Cielo e la via larga dell’inferno; ricordatemi il fuoco che mai si estingue; lo stridore dei denti, il pianto sempiterno, affinché, se mi dimenticassi dell’amore che vi debbo, almeno il timore di meritare i vostri terribilissimi castighi, mi trattenga dal darvi disgusto e sempre più mi sproni ad operare con santo timore e tremore per la salvezza dell’anima mia.

O Gesù Cristo, nostro divino Maestro, dopo aver indirizzato le sue parole ai peccatori, perché si convertano a penitenza, dà opportuni insegnamenti ai già convertiti, perché non solo non ritornino a ricadere nel male, ma avanzino sempre più e sempre meglio nella via della virtù.

Per primo insegna loro a non fare alcunché di male. «Credete voi – dice Egli a questi convertiti -credete voi, che basti amare il prossimo quando vi benefica? No certamente; Io vi dico di amare anche i vostri nemici, di fare del bene a quelli che vi odiano e di pregare per coloro che vi perseguitano e vi calunniano, se volete essere degni figli del Padre vostro che è nei Cieli, il quale fa nascere il suo sole sopra i buoni e i malvagi e sparge le sue benefiche piogge, sopra i giusti e gli ingiusti». Gesù, Signor nostro, non vuole che insieme al bene si faccia anche del male, per quel desiderio che ha di vederci perfetti, come è perfetto il Suo Padre celeste, il quale non fa e non può fare alcun male di sorta.

Ma ciò non basta all’amoroso Suo cuore, Egli vuole, di più, che non facendo noi altro che bene, questo stesso bene vuole che lo facciamo nel migliore dei modi. Quale azione, infatti, è più santa che offrire un dono al Signore innanzi all’altare? Eppure Egli dice: «Se stando tu in tale atto, ti ricorderai che tuo fratello ha contro di te qualche cosa, lascia il tuo dono dinanzi all’altare e va prima a riconciliarti col tuo fratello e poi, ritornando, compirai la tua offerta».

Vi è forse cosa più raccomandabile che pregare? «Ma tu – dice Cristo – quando stai per pregare entra nella tua stanza e, chiusa la porta, prega in segreto il tuo Padre e il Padre tuo, che vede benissimo in quel segreto, ti esaudirà. Non fare dunque come gli ipocriti, i quali amano pregare in piedi e ritti nelle sinagoghe, o negli angoli delle piazze, per essere veduti dagli uomini; in verità vi dico che costoro hanno già ricevuto la loro mercede.

Slmilmente quando digiuni non farti vedere malinconico, come gli ipocriti; essi infatti si contraffanno i sembianti per far vedere che digiunano. Tu invece, quando digiuni, ungiti il capo e lavati la faccia, per apparire che digiuni non agli uomini, bensì al Padre tuo che sta nascosto e questo Padre, che vede ciò che è nascosto, te ne renderà la mercede. Altrimenti la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, i quali non hanno che una giustizia apparente ed esterna che non è sufficiente a salvarli, .perché nel loro operare non hanno di mira che di piacere agli uomini e di acquistarsi lode presso di loro.

Se la vostra giustizia non sarà superiore a quella di questi scribi, o farisei, se voi cioè, rifiutando le lodi e le approvazioni degli uomini, non cercherete nel vostro operare che la sola gloria e il solo beneplacito di Dio, non entrerete nel regno dei cieli». Ecco, Sorelle mie, in quel modo parla Gesù a chiunque vuole veramente salvarsi!

Quanto è grande la Vostra santità, o Signore, e di quanta purissima gioia è sorgente per un cuore che, amandola, può dare la bella testimonianza di praticarla! Ma io non la amo veramente questa vostra giustizia, o mio Dio! Conosco infatti di operare molto di male insieme a poco di bene e di operare questo stesso bene in modo molto imperfetto.

Quanti proponimenti e quanta infedeltà! Quanta grazia e quanti peccati! E nelle stesse opere buone quanto difetti vi inserisco! Quali distrazioni nel pregare, quali freddezze nel comunicarmi e, nell’umiliarmi, quanta finzione! Così voi, Signore mio, adempite ogni giustizia ed io commetto molte ingiustizie; voi fate bene tutte le cose ed io neppure il bene, so praticare senza difetto. Voi siete la verità sostanziale ed io la menzogna personificata; Voi potete, con sicura fronte, sfidare i Vostri avversari stessi a convincervi, se possono, di un solo peccato. Io riguardando me stesso mi sento umiliato alla vista dei miei molti difetti.

O Dio, bontà infinita, fatemi grazia, per amore Vostro, di una sola cosa: Voi che siete verità per essenza, liberatemi da tutte le finzioni e da tutti gli affetti sregolati di cui sono capace, e allora sarò veramente libera per adorarvi, come Voi richiedete, «in ispirito e verità». Amen.