Suore dell'Immacolata

Vestizione 1

PER LA VESTIZIONE RELIGIOSA

DI DUE ASPIRANTI NEL CONSERVATORIO DI SAN BERNARDO

(1860)

Buono è veramente il Signore, Dio nostro; e la sua bontà verso le sue creature arriva a tali eccessi d’amore da fare stupire per meraviglia. Non è, infatti, uno specialissimo amore per noi, miseri mortali, in questa valle di pianto, che si trovino luoghi particolari, solitarie abitazioni, recinti sacri in cui rifugiandosi con animo generoso, chi vuole a Dio consacrarsi interamente, possa avere un asilo sicuro per la sua virtù, e mezzi più abbondanti e più efficaci per la sua eterna salvezza? Sì, è in queste beate solitudini, in questi suoi prediletti tabernacoli, che il Signore spande con abbondanza, i mirabili effetti della sua divina bontà, e se tutta la terra, al dire del profeta, è piena della sua misericordia: qui, più che altrove, Egli versa la sua grazia senza misura. Qui inebria le anime sue predilette di celestiale dolcezza e, facendole vivere insieme con vera carità cristiana, e unendole con la divina azione dello Spirito Santo, fa sì che provino dolce l’amaro e, nell’esercizio continuo della propria abnegazione, godano una pace di Paradiso.

Qui, non tumulti di mondo, non disguidi di famiglia; non ansietà di interessi temporali che dissipino e distraggano la mente, ma segregate da ogni oggetto terreno, le spose di Cristo non devono che attendere alla loro stessa santificazione ed all’unione con Dio. Esse vengono qui a formare quasi una sola famiglia con i beati del cielo, perché ove quelli amano Dio godendolo, queste Lo amano patendo ed operando per Lui; quelli in Dio riposano come premio delle loro fatiche, queste con l’orazione si sollevano a Dio come a centro dei loro sospiri; quelli si beano ai torrenti della divina Bontà, queste ne provano un saggio nella pace e nella tranquillità dello spirito.

Felice, dunque, chi in mezzo a tanti frastuoni del mondo, sa trovare alcune di queste case religiose, di queste fortunate abitazioni in cui fissare la sua dimora. Felice l’anima che, per un eccesso della divina bontà, viene scelta da Dio fra tante altre e da Lui amorevolmente condotta a vivere in questi santi tabernacoli! Quanto sono cari, quanto deliziosi, quanto amabili! Quam dilecta tabernacula tua, Domine!

Fortunate, dunque voi, mie figlie, che avete trovato in questa casa religiosa, questo felice soggiorno, questa casa amica, di cui io parlo e che era lo scopo dei vostri desideri! Voi pure potete dire di voi stesse, quel che Davide diceva del passero solitario: passer invenit sibi domum – il passero trovò per sé la casa.

Volgete ora, con me, uno sguardo alle cose passate, e un secondo sguardo alle cose future. Le cose passate vi scopriranno le vie ammirabili per le quali vi trasse lontano dagli intrighi del mondo e vi posò in questo luogo la Bontà del Signore, che si degnò di eleggervi a sue spose; e le cose future vi daranno lume e consiglio, perché possiate mantenervi tali quali a Lui piaceste. Che se bramate che a questo doppio sguardo della vostra mente s’aggiunga la mia debole voce, uditemi che io, seguendo l’allegoria del passero, indicata dal reale profeta nel salmo 83, da me citato, farò sì che in questo solitario uccelletto, più volte dalla divina Scrittura preso ad esempio, conosciate voi stesse e i più notevoli avvenimenti della vostra vita e gli essenziali doveri della vostra vocazione. Alla fine poi del mio dire, vedrete quanto bene possiate ripetere, in verità, di voi stesse: passer invenit sibi domum.

S. Antonio abate, in una sua visione, illuminato da luce superna, vide sparsa di lacci la faccia della terra.

S. Agostino, alludendo forse a questa visione del grande patriarca dei monaci, dice chiaro che in ogni parte di questo mondo, perverso e maligno, non vi sono che lacci.

Ma voi felici, o sagge figlie, voi felici che, prevenute dalla grazia divina, sapeste da tutti questi lacci allontanare il piede o scioglierlo se per caso innocentemente fosse fatto prigioniero. Ne allontanaste il piede con la modestia della condotta, col disprezzo della vanità, con la fuga d’ogni mondano piacere, col distacco da tutto ciò che non piace a Dio e con l’avversione a tutto ciò che da Lui allontana.

La Bontà del Signore, con la potente sua mano, fu la prima che vi guidò nelle varie e diverse vicende della vostra vita, che diresse i passi di ambedue e troncò, in fine, tutti quei vincoli che, senza colpa, vi toglievano il bene di una perfetta libertà. Datene, dunque, la ben dovuta gloria a Dio, ed esclamate col profeta Davide: Anima nostra sicut passer erepta est de laqueo venantium: laqueus contritus est et nos liberati sumus. Sì, un passero, a cui l’accorto cacciatore tende mille insidie; un passero che, rotta la rete, lesto lesto fugge e vola verso il monte per nascondersi nella foresta, lasciando deluso e mesto l’astuto insidiatore, è una viva immagine dei vostri passati pericoli e della vostra presente libertà.

Questa libertà, che anche in mezzo al secolo sospirano i figli di Dio, non era quella che vi facesse il cuore contento, voi aspiravate a quella perfetta libertà che in un sacro ritiro godono le anime elette che si sentono appunto tanto più libere, quanto più a Dio si stringono con l’obbedienza e con l’abnegazione di se stesse.

Dolorose circostanze fecero attendere a lungo le vostre speranze, ma voi non vi perdeste mai d’animo. Come Davide, costretto a vivere coi Filistei, non cessava mai di supplicare il Signore a volerlo ricondurre a Gerusalemme, per poter quivi accostarsi all’altare del suo Tabernacolo, così voi, resavi familiare l’orazione, non tralasciavate con fervide preci d’importunare la Divina Bontà, perché facesse finalmente germogliare il seme della vocazione religiosa che fin da fanciulle vi aveva gettato nel cuore. « Quando sarà – andavate dicendo tra voi stesse -, quando sarà che potremo dare un addio a tutte le umane faccende e solo col nostro Dio trattare familiarmente? ». Quanto vi costò il poter fissare qui la vostra dimora! A voi solo è noto e a quel Dio che vi armò ambedue di coraggio e di fortezza! Ora però il sacrificio è compiuto: benedite tutte e due il Padre delle misericordie che in voi, con voi, e di voi stesse trionfando, vi condusse finalmente qui, in questa solitudine amica, così a lungo bramata.

Ora rivolgo il mio pensiero alle cose future, le quali apriranno il vostro cuore ad una pratica riconoscenza. La grazia della vocazione, se per tutte le spose di Gesù Cristo è dono gratuito, per voi fu gratuito e prodigioso insieme, per cui la vostra corrispondenza dev’essere straordinaria. Se desiderate sentire quali devono essere i tratti fedeli e le prove sicure di questa corrispondenza, udite il più volte citato Davide che ve le addita sotto la stessa allegoria del passero da me preso per tema di questa istruzione. « Vigilavi – dice egli nel salmo 101 -, et factus sum sicut passer solitarius in tecto ». E vuol dire: come l’uccello scappato dalle mani insidiose del cacciatore, e posando tranquillo su di un tetto, quivi con garrule voci, quasi rammentando, nel modo a lui proprio, lo schivato pericolo e la riportata vittoria, eleva nel suo linguaggio, la dovuta lode al Creatore, così io, dice il santo profeta, ripensando da solo a solo, nel silenzio della notte, cioè della solitudine e del ritiro, ai divini benefici, non posso a meno di aprir la mia bocca, di sciogliere la mia lingua e di intonare lodi e affettuosi ringraziamenti al Dio d’Israele, mio particolarissimo Benefattore.

Non altrimenti dovete fare voi. « Vigilavi » – dite pure in cuor vostro, che non andate lontano dal vero, « vigilavi » e fin dalla prima età mi risvegliò una luce celeste che mi fece aprire gli occhi a conoscere l’importanza delle cose eterne; « vigilavi » e vidi i tanti lacci ingannevoli del mondo e i beni inestimabili della quiete solitudine religiosa; « vigilavi », e seguendo la fida scorta di quella luce divina, mi trovai nella pace e nella più pura felicità e divenni come passero libero e solitario sul tetto.

Qui, sotto a questo tetto, sotto la protezione di Maria della Speranza e del grande dottore di Chiaravalle S. Bernardo, dirette dalla Santa Ubbidienza, nutrite del Pane della divina parola e dei santi Sacramenti, guidate dagli amorevoli avvisi e dai buoni esempi delle Consorelle, ameremo stare nascoste per non trattare che con il nostro Dio. Sotto questo tetto, dove con la sua diletta sposa, abita il mio Gesù, come esulterà l’anima mia in invitarlo frequentemente!

Sì, su quell’altare, ove Egli vivo e vero gode di stare con noi, io riporrò i miei affetti come il passero i suoi piccoli. E innanzi ai vostri altari che non imparerò io da voi, Dio della virtù? Voi qui restate sotto le povere apparenze di poco pane, qui amate stare nascosto, qui mi date esempio di umiltà, di pazienza, di povertà, di raccoglimento; ed io sarò umile, paziente, raccolta; fuggirò inutili conversazioni e distrazioni; vivrò spogliata d’ogni attacco terreno, non amerò che la ritiratezza e la cristiana mortificazione. Qui, agnello senza macchia, giglio di purità, Voi m’insegnate qual debba essere la purezza di un’anima a Voi consacrata ed io, castigando i miei sensi, i miei pensieri, i miei affetti, mi guarderò gelosamente da ogni difetto avvertito. Voi, su quest’altare, alla voce del vostro ministro, ubbidiente, discendete dal cielo e la vostra serva, in vista di un Dio che ubbidisce alla voce dell’uomo, negherà ubbidienza alla voce della legge, alla volontà del suo Dio? No, non mai; la volontà vostra, o Signore, che mi è espressa in quella dei miei Superiori, in quella di coloro che fanno qui in terra le vostre veci, sarà sempre la volontà mia, e così sarò tutta vostra e Voi tutto mio; il luogo della mia abitazione sarà la vostra casa, e nido dei miei affetti il vostro altare: Passer invenit… ubi ponat pullos suos: altaria tua, Domine, Deus virtutum.

Se tali sono, elette figlie di S. Bernardo, le vostre aspirazioni, che tanto denotano sapienza e fermezza, a me altro non resta che ammirare come in voi abbia trionfato la divina Bontà; e come la Bontà divina sappia al suo trionfo adattare il corso ed il fine a noi ignoto delle umane vicende; come tutto vinca la grazia e l’amore di Dio. Indi, alzando le mani al Padre dei lumi, al dator d’ogni bene, io esclamerò: Grande Iddio, che gli alti segreti consigli della vostra Sapienza nascondete ai superbi del secolo e solo rivelate agli umili di cuore, guardate benigno queste vostre spose novelle, che hanno eletto Voi per loro eredità e questo santo Conservatorio per loro abitazione, e fate che l’una e l’altra, nel tempo e nell’eternità, sia felice abita-trice della vostra terrena e celeste dimora. Così si avvererà in doppio senso quello che dicevo già da principio: Passer invenit sibi domum. Amen .