Suore dell'Immacolata

Chiesa di santa Maria del Prato Genova.

Restauro della tomba di Angelerio De Camilla.

Operatori Restauratori Paola Parodi Stefano Vassallo.

Direzione dei lavori Ing. Rita Pizzone Dottoressa Paola Traversone

Restauro eseguito tra il gennaio e giugno 2011.

Cenni storici e d’archivio.

La tomba risente inevitabilmente del cattivo stato di conservazione dell’edificio, documentato nel 1582 nelle relazioni di sopralluogo del visitatore apostolico Monsignor Bossio, e ancora nel 1638 nella visita del cardinale Stefano Durazzo.

Infine nel 1699 è sacrificata tutta la parte absidale della chiesa, ove era custodita la nostra tomba, nella trasformazione della chiesa. La tomba viene pertanto smontata e presa in consegna dai discendenti di Angelerio De Camilla che la custodiscono fino al XVIII secolo quando la parte frontale viene murata nella sacrestia, che nel frattempo era stata ricavata sopraelevata nelle murature del presbiterio e delle absidi sul lato destro.

Con la demolizione delle trasformazioni seicentesche attuata da Carlo Ceschi tra il 1940 e il 1950 la tomba viene nuovamente spostata e provvisoriamente collocata nel ricostruendo chiostro e quindi sistemata nella attuale collocazione.

Dimensioni. Altezza complessiva del monumento cm. 100 con piedistallo novecentesco

Lunghezza complessiva del monumento: cm 208 con piedistallo novecentesco

Profondità complessiva del monumento. Cm 81 con piedistallo novecentesco

Dimensioni complessiva del basamento del restauro del 1950. Lunghezza cm 208 profondità 81 altezza dal suolo cm 16,5

Lastra di copertura è composta da due blocchi, il primo di destra  lungo cm 108   spesso cm. 13 e profondo cm 75. Il secondo blocco a sinistra lungo cm cm 90    alto cm  13  profondo cm. 76

Il monumento è mancante dei due parti laterali, perdute o mai esistite essendo stata la tomba di tipo ad arcosolio.

La parte frontale è composta da due elementi quello sinistro è una lastra spesso cm  11 alto cm 70,5 e lunga cm. 101, quello di destra lunga cm 96 alta cm  83,5e spessa cm. 10,5

La tomba prima del restauro si presentava nell’assemblaggio realizzato nel 1950 al termine dei grandi lavori di restauro e ripristino della chiesa medievale. La tomba giaceva da tempo nel chiostro in quanto durante la demolizione delle parti barocche della chiesa gli elementi erano stati smurati e provvisoriamente collocati appunto nel chiostro. Le lastre frontali e il coperchio avevano avuto una storia diversa in quanto le prime erano state rimurate nel 700 nella sacrestia mentre i due pezzi del coperchio erano stati semplicemente accantonati ma conservati in quanto anch’essi portano incisa una buona parte della lunga iscrizione dedicatoria.

Come accennato la tomba era stata ricomposto nella parete sinistra della cripta sovrapponendola a un alto basamento di marmo al fine di isolarla visivamente e fisicamente dal nuovo pavimento della chiesa in marmo bardiglio.

Il pannello frontale è diviso in due specchiature racchiuse e divise tra loro da 3 semicolonnine. In epoca imprecisata, tra 600 e 800 era stata applicata su tutte le superfici una densa e spessa patina ocra stesa allo scopo di uniformare il colore dei marmi, per mimetizzare perdite abrasioni e rotture e per fissare e tentare di arrestare un fenomeno di esfoliazione superficiale del materiale particolarmente evidente nella lastra di sinistra.

Tale patina però mortificava e scuriva il colore dell’opera per cui non vi sono stati indugi nel decidere della sua rimozione, essa si manifestava come rifacimento in quanto copriva abbondantemente le vecchie cadute di materia dal marmo.

Accertati della composizione della patina (vedi analisi) questa è stata rimossa con impacchi di polpa di cellulosa bianca Arbocell in acqua satura di bicarbonato di ammonio con una aggiunta di tensioattivo sali di ammonio quaternario.

Dopo aver lasciato agire l’impacco per non meno di un’opra con spazzoline di saggina e bisturi è stato possibile rimuovere la spessa patina, particolarmente aderita al marmo e penetrata in porosità e fenditure della materia.

Dopo aver abbondantemente sciacquato la superficie è stato necessario ripetere l’impacco per un’altra vola al fine di eliminare gli ultimi residui. Dopo avere abbondantemente e ripetutamente sciacquato la parte trattata il perfezionamento della pulitura è stato effettuato a secco con il bisturi e in alcuni casi anche con l’ablatore ad ultrasuoni piezoelettrico.

Grazie all’esame stratigrafico microscopico dei campioni di patina e all’esame attento della superficie durante e dopo la pulitura si è scoperto che la patina ocra copriva numerosi residui di malta dovuti a precedenti lavori di restauro o risistemazione della tomba, databili al 600 e 700 o forse anche più antichi, la patina probabilmente è l’ultimo degli interventi effettuati sul nostro manufatto e quindi è verosimilmente collocabile al XIX secolo.

Le lettere erano state ribadite con colore nero per migliorarne la visibilità. Tale ripresa pittorica era stata realizzata in antico in quanto coperta dalla succitata patina ocra, non si trattava comunque di un intervento originale poiché il colore nero entrava ampiamente nelle lacune e anzi ribadiva sulla superficie erosa del marmo le lettere andate perdute.

Con la medesima tecnica utilizzata per la rimozione della patina sono state tolte queste sgradevoli ritoccatore, facendo ampio e paziente lavoro di bisturi per togliere dagli interstizi delle iscrizioni il colore nero.

Non è stato possibile eliminare nella sua tonalità la patina poiché il marmo aveva in parte assorbito la materia soprattutto nelle parti più degradate, ove non era possibile eliminare il viraggio cromatico senza asportare considerevoli quantità di marmo.

Ritenuto con la direzione dei lavori che un uniforme residuo di patina su queste superfici non fosse disturbante questa è stata mantenuta anche perché in parte ammortizzava leggermente le notevoli differenze tra i blocchi marmorei.

Dopo la pulitura, infatti, risultava evidente come la tomba fosse stata composta con marmo di Carrara di diverse qualità.

Il pannello di sinistra è in bardiglio di colorazione grigia piuttosto uniforme mentre il pannello di destra sembra bianco statuario. Il coperchio presenta due blocchi distinti di marmo bianco ma differenti come colore dal pannello frontale di destra e a loro volta leggermente diversi tra loro.

E’ stato ipotizzato che fosse stato riutilizzato del marmo di reimpiego, rilavorato e adattato alle nuove misure, non abbiamo travato su tutti gli elementi traccia alcuna di parti con lavorazione più antiche, mai esistite oppure totalmente eliminate nella rilavorazione.

Eliminata la patina e le antiche riparazioni con malta di calce e sabbia e quelle recenti con cemento sono riemersi i numerosissima danni dovuti al urti e traumi con conseguenti perdite di marmo modellato.

Probabilmente a causa della persistente azione dell’acqua di infiltrazione è andato perduto il capitello e parte della colonnine di destra, danno verificatosi probabilmente già quando l’opera era murata nel luogo d’origine in chiesa, accentuatosi poi nei secoli successivi; in vecchie foto di archivio di individuano ancora le tracce sulla tomba murata in sacrestia del capitello, poi andato distrutto al momento in cui l’opera è stata smurata per essere ricoverata nel chiostro durante i lavori novecenteschi.

Particolarmente danneggiata la scritta nel pannello di sinistra in bardiglio dove si è verificato un diffuso fenomeno d’esfoliazione iniziato già in antico.

La stuccatura delle lacune e la costruzione delle part mancanti è stata realizzata con un impasto di calce bianca e sabbia per chiudere la fenditure più profondo mentre per le lacune minore e per le stuccature superficiali é stato usato un impasto di polvere fine di marmo e calce bianca.

In molti casi è stato utilizzato uno stucco pronto a base di carbonato di calcio per risarcire le lacune più minute e le numerose esfoliazioni nel pannello di bardiglio.

Le parti laterali invece sono state livellate con un impasto di ghiaia sabbia e calce e fretazzate lasciando in evidenzia la granulometria degli inerti al fine di creare una zona neutra che si staccasse sia dal marmo che dagli stucchi di restauro e che suggerisse all’osservatore l’impressione di ottura e mancanza di elementi architettonici.

Al termine della stuccatura è stato effettuato il restauro pittorico a “spuntinato” con colori all’acquerello, cui è seguito il fissaggio dei nuovi stucchi con una soluzione al 2% di Paraloid in diluente nitro.

Tutta l’opera poi è stata protetta con della cera microcristallina poi parzialmente “tirata” e lucidata con il panno.

Contestualmente, nella ricerca di eventuali elementi medievali sopravvissuti alle trasformazioni barocche e novecentesche è stato rinvenuto nel giardino conventuale un capitello corinzio medievale in marmo bianco.

Si tratta di un manufatto probabilmente riutilizzato tra sei e settecento come semplice sasso nelle trasformazioni della chiesa, si tratta invece di una raffinata scultura, assai rovinata, risalente forse al XIV secolo, comunque non pertinente alla tomba.

Il frammento era completamente ricoperto da uno spesso strato di alghe nere, essendo rimasto esposto nel giardino per 60 anni alle intemperie. Il capitello è stato pulito con impacchi di carbonato di ammonio in polpa di cellulosa. L’impacco è stato più volte ripetuto a causa dello spesso e della tenacia dello strato algale scuro.

Infine dopo avere effettuato una minuziosa pulitura a bisturi il capitello è stato trattato con lavaggi d’ipoclorito di sodio, seguito da abbondanti sciacquature e successivi lavaggi con detergenti.

Anch’esso, al termine del restauro è stato trattato con cera protettiva senza però effettuare alcuna stuccatura.