Suore dell'Immacolata

 

Relazione sul restauro effettuato tra il mese di giugno e il mese di novembre 2010

Restauratori: Paola Parodi e Stefano Vassallo

Direttore dei Lavori e funzionario di zona

    Ing. Rita Pizzone

Supervisione S.B.A.S.E. Liguria

    Dott.ssa Paola Traversone

Responsabile per la sicurezza:

    Arch. Stefano Libanati

Testo tratto dallo studio e relazione di  Stefano Vassallo

Descrizione e Storia conservativa del dipinto

Il restauro della lunetta del portale era previsto nell’ambito dei lavori di recupero della Chiesa, comprendenti la pulitura e consolidamento del paramento esterno ed interno in pietra, oltre al restauro delle coperture. L’intervento è stato poi stralciato ed assunto dalla   Soprintendenza SBAP Liguria.

Inizio lavori di restauro:  Giugno  2010

La lunetta è costituita da un paramento in lastre molto spesse in pietra grigia calcarea (Calcare marnoso della formazione del Monte Antola), come tutto il resto della chiesa.

Tali elementi non sono ammorsati con il resto della muratura ma semplicemente chiudono lo spazio tra l’arco e l’architrave, blocchi spessi circa 10 cm, molto pesanti che hanno, infatti, lesionato l’architrave già in antico rinforzato con un controarco memetallico murato che è stato mantenuto nei recenti lavori.

Tali lastre, o blocchi, sono in numero di tre.

La parte superiore è conclusa con un blocco orizzontale più piccolo. Il blocco in basso a sinistra, il più grande, presenta una lesione obliqua che ha provocato la caduta del soprastante intonaco dipinto, ma che non ha avuto conseguenze strutturali.

I blocchi sono passanti e sono ispezionabili all’interno della cantoria. Tali blocchi sono commessi con molta precisione e perfettamente squadrati, con i bordi finiti a gradina e la superficie trattata a punta di scalpello come nella tradizione costruttiva medievale genovese.

La ghiera a sezione rettangolare anch’essa dipinta, è costituita da 8 elementi diseguali, anch’essi uniti con molta precisione e pochissima malta; presenta alcune fratture nei punti di contatto tra le diverse parti causate dagli stress statici.

Tale ghiera esterna era stata anch’essa realizzata nella prima fase con la tecnica dell’affresco, è però giunta a noi molto più consunta dell’ immagine centrale, sia perché molto più esposta alle intemperie, sia perché forse realizzata all’ultimo e quindi su un intonaco oramai semi asciutto.

La lunetta è incorniciata dalla prima delle due ghiere del portale in rocchi di marmo bianco di Carrara scolpite a sezione ottagonale.

L’intonaco dipinto è composto da una miscela di sabbia locale (valle Sturla) e calce bianca magnesiaca, è molto sottile, circa 3 – 4 millimetri, e prima di essere applicato è stato preceduto da un’ opera di semplice “graffiatura” della pietra, insufficiente però ad aumentare la aderenza del sottile intonaco che, infatti, ha la tendenza a distaccarsi in “fogli” dalla superficie relativamente liscia dei sottostanti blocchi lapidei.

E’ risultato subito evidente che il sottilissimo intonaco non era più in grado di sostenersi autonomamente: dopo aver lavato le tasche e gli interstizi con iniezioni di acqua e alcool, è stato iniettato Primal AC33 puro o diluito, e nei distacchi maggiori, malta idraulica, armando con puntelli le parti al fine di riaderire le tasche.

Nelle zone più sollevate è stato necessario armare l’intonaco con garze di cotone fissate con Paraloid B72 in diluente nitro.

L’operazione ha richiesto alcuni giorni di lavoro.

Sono stati, in seguito, eliminati i residui con acqua spugna e bisturi.

Le garzature sono state tolte con impacchi solventi.

Scopo principale della pulitura

Eliminazione della patina di gesso e ossalati esistente su tutta la superficie.

Sono stati preparati degli impacchi costituiti da polpa di cellulosa Arbocell, soluzione satura di carbonato d’ammonio, con un tempo d’applicazione di circa un’ora e mezza, sciacquando poi con tamponature d’acqua.      

Nonostante i lunghi tempi di applicazione e la ripetizione del trattamento non è stato possibile asportare completamente lo strato impuro, assai tenace ma anche infiltrato nelle numerose porosità dell’intonaco.

Il lavoro è stato completato con un’azione “a secco” con bisturi e punte in fascio di fibra di vetro, per svolgere un’abrasione superficiale senza danneggiare il colore.

 Con l’assottigliamento o l’eliminazione di questa patina è stato possibile leggere meglio sia lo strato originale che i residui degli antichi rifacimenti, che solo in parte sono stati eliminati per non depauperare inutilmente il poco colore rimasto sull’intonaco.

 Con bisturi e scalpellina sono state eliminate le stuccature con cemento.

Quindi è stata fatta la stuccatura con impasto di calce bianca e sabbia per le parti più profonde, e con calce e polvere di marmo per tutte le stuccature fini e superficiali.

 

 

La Superiora Generale, Madre M. Rosangela Sala, segue i lavori.

 

 

La parte più problematica è risultata quella inferiore a contatto con la mensola dell’architrave del portale, ove, benché relativamente protetta dal dilavamento piovano, il ristagno dell’acqua ha provocato la disgregazione dell’intonaco.

Tecnicamente non si può parlare d’affresco nel senso canonico del termine, in quanto solo le basi pittoriche sono state realizzate con tale tecnica, utilizzando le solite terre e il bianco di calce e nero carbonioso.

Non sono state trovate tracce di giornate, il dipinto è stato realizzato in un’unica soluzione applicando il disegno preparatorio a pennello con ocra rossa e le stesure di fondo con gli abbozzi del chiaroscuro.

 

Gli incarnati erano stati preparati con una uniforme stesura d’ocra gialla piuttosto intensa e compatta, sulla quale erano stati ribaditi i primi scuri con velature di terra verde e di terra d’ombra e il disegno dei tratti somatici.

 

 

Molto più elaborate le ali che già nella fase primaria ad affresco hanno visto la completa definizione dei piani scalari delle penne, ognuno con una diversa tonalità di ocre gialle rosse e arancioni, a loro volta miscelate con il bianco di calce per ottenere diverse sfumature rosa.

Il cielo tra le figure era Stato dipinto a tempera con un azzurro d’azzurrite su una base a volte di ocra gialla chiara e sottile, a volte grigia.

 

A queste campiture appartengono le delicatissime iscrizioni con la dedica ai due arcangeli (Michele e Gabriele) cui si affiancava quella della Vergine in monogramma di cui non resta nulla.

Il restauro pittorico con colori all’acquerello ha, in una prima fase, provveduto a chiudere tutte le lacune del colore, e in seconda fase ricostruire, ove possibile, forme e chiaroscuro al fine di ridare leggibilità al dipinto anche per una corretta interpretazione iconografica.

Un’ultima velatura sempre di Paraloid B72 a 2% in nitro ha concluso l’intervento.

Lettura iconografica

 Odighitria, in greco (odigos ὸδηγήτρια), significa “Guida”, “Colei che indica la Via”, colei che istruisce, che mostra la direzione.

La Vergine che indica il cammino: questa interpretazione è stata ovviamente la più seguita in ambito cristiano.
Secondo la tradizione la Madre di Dio Odighitria è una delle tre icone dipinte dall’evangelista Luca quando la Vergine era ancora in vita; il dipinto dalla Terra Santa giunse a Costantinopoli nel V secolo quindi arrivò fino al monastero di Odegon.

È un tipo di iconografia cristiana diffusa in particolare nell’arte bizantina e russa del periodo medioevale.

È  costituita dalla Madonna a mezzo busto con in braccio il Bambino Gesù seduto in atto benedicente che tiene in mano una pergamena arrotolata e che la Vergine indica con la mano destra (da qui l’origine dell’epiteto).