Suore dell'Immacolata

Timore di Dio

La venuta di Cristo giudice

Dal brano del Vangelo di S. Luca: 21, 25-27, 36

25 «Et erunt signa in sole et luna et stellis, et super terram pressura gentium prae confusio-

26 ne sonitus maris et fluctuum, arescentibus hominibus prae timore et expectatione eorum, quae supervenient orbi, nam virtutes caelorum

27 movebuntur. Et tunc videbunt Filium hominis venientem in nube cum potestate et gloria magna…».

36 «Vigilate itaque omni tempore orantes, ut possitis fugere ista omnia, quae futura sunt, et stare ante Filium hominis».

IL TIMORE DI DIO

Timore di Dio: nome santissimo, nome augustissimo che, nelle divine Scritture, viene definito principio di ogni virtuoso sapere: « Initium sapientiae timor Domini ». Un’anima cristiana e religiosa non potrà mai riuscire ad essere veramente virtuosa, se non ha in sé questo santo «Timore di Dio». Con ragione, pertanto, i Santi padri chiamano il «Timore di Dio» fondamento della nostra salvezza, perché tiene il nostro cuore saldo contro i flutti di tutte le tentazioni e, facendo diffidare l’anima di se stessa, la muove efficacemente ad una pronta fuga da ogni colpa non solo grave, ma anche leggera e involontaria.

Ciò, però, non deve verificarsi per paura della pena eterna che Iddio, giusto e severo punitore del peccato, tiene preparata nell’altra vita ai malvagi, né per timore di pregiudicare il proprio decoro e la propria fama o di soggiacere ai castighi con cui la divina Giustizia suole talvolta punire i colpevoli anche in questo mondo, perché questo sarebbe un timore servile e riprovevole, qualora non fosse unito alla volontà risoluta di abbandonare il peccato e alla speranza di conseguirne il perdono.

Noi dobbiamo agire rettamente solo per il timore di disgustare, sia gravemente, sia leggermente, il caro nostro Dio: questo è il vero timor filiale, che porta l’anima a fuggire tutto ciò che può offendere il suo Padre celeste. Da ciò deriva che ella si senta infiammata ad una costante osservanza dei divini comandamenti, ad una perfetta esecuzione dei divini consigli e ad un completo adempimento della santa volontà del Signore. « Beatus vir, qui timet Dominum ».

Ora la Santa Chiesa, nostra amatissima madre, per infondere nei suoi figli il salutare timor di Dio, non contenta di richiamare la nostra attenzione, più volte nel corso dell’anno, sulla severità che userà la divina Giustizia verso le anime spensierate e colpevoli, comincia e termina l’anno liturgico col rappresentarci la terribilissima scena di quel divino Giudizio finale che Iddio pronuncerà alla fine del mondo su tutti gli uomini, confermando solennemente e pubblicamente la sentenza già da Lui proferita su ciascuno al momento della morte col giudizio particolare.

Per assecondare quindi la pia intenzione di questa nostra buona madre, la Chiesa, noi rivolgiamo oggi il nostro pensiero a ciò che succederà in quel giorno che sarà fatale per tutti i mortali e meditiamo insieme sui segni terribili che dovranno precedere ed accompagnare l’universale giudizio.

Felici noi se, compresi da un salutare timore, impareremo da questa importante lezione a iniziare ed a finire tutte le nostre azioni con il pensiero dei divini giudizi. Ciò sarà più che sufficiente a stimolarci alla pratica di ogni virtù e alla fuga di ogni difetto.

I segni che precederanno l’universale giudizio saranno – dice l’Evangelista S. Luca – portentosi fenomeni che appariranno nel sole, nella luna e nelle stelle e una grande angoscia che si impadronirà di tutte le genti per la costernazione che cagionerà loro il rumoreggiare del mare e dei suoi flutti.

Che orrore! Che spavento! Ma non perdiamo tempo a considerare le orme della divina vendetta impresse su questa terra! Già gli Angeli hanno dato voce alle trombe! A quello squillo saranno richiamati a nuova vita, in un momento, tutti i mortali e tutti dovranno ascoltare il terribile appello nella grande valle del giudizio. Ed ecco, ad un tratto, rovesciarsi le tombe, spalancarsi i sepolcri, aprirsi i cimiteri e agitarsi visibilmente le ceneri, ricomporsi gli scheletri, compaginarsi le ossa, riunirsi le sparse membra e riformare i corpi. Ma quanto diversi nel sembiante e negli atti da quelli di prima! Bellissimi saranno quelli degli eletti, dotati di chiarezza, sottigliezza, agilità e impassibilità; deformi, al contrario, quelli dei reprobi. Quindi tutti, nobili e poveri, tutti, tutti si incammineranno verso la grande valle del giudizio, senz’altra compagnia che quella delle loro opere, buone o cattive.

Sì, mie dilettissime, le nostre opere ci seguiranno implacabili nella grande valle del giudizio. Questo solo è ciò che ci distinguerà in quell’universale consesso: santità o cattiveria, integrità o prevaricazione, grazia o peccato. A questi contrassegni divenuti già palesi, ecco quell’immensa moltitudine là congregata per mezzo degli Angeli, ecco due popoli tra loro eternamente separati: l’uno a destra, distinto col grande carattere di veramente ed eternamente beato, l’altro a sinistra, col marchio vergognoso di veramente e per sempre riprovato.

Dolorosissima separazione! Il cristiano virtuoso e devoto alla destra, il libertino e il malvagio alla sinistra.

Alla destra il sacerdote esemplare e zelante, alla sinistra lo spensierato e il codardo. La religiosa umile, mortificata, obbediente alla destra; la superba, invidiosa e insubordinata alla sinistra. La figlia modesta e rispettosa alla destra, la vanitosa, accidiosa e audace alla sinistra. I padri alla sinistra, i figli alla destra, la madre separata dalla figlia, il fratello dalla sorella, l’amico dall’amico. Il parente guarderà il congiunto che dovrà abbandonare.

Separazione ignominiosa! Tante persone in questo mondo, ragguardevoli e stimate, si vedranno, con derisione amarissima, allontanate da quelle altre che in vita hanno calpestato ed oppresso. Quel sacerdote che in vita sembrava devoto e zelante, sarà dai demoni trascinato tra gli ipocriti e gli interessati. Quella religiosa che il mondo stimava umile e paziente, eccola in mezzo ai superbi e ai collerici. Quella figlia timorata, che sembrava il ritratto della modestia, lo specchio della castità, l’esemplare della virtù, eccola tra la moltitudine di Sodoma e Gomorra a maledire la troppa libertà che ella accordò ai suoi sensi.

Separazione, finalmente, giustissima, perché fondata sopra il bene e sopra il male operato dall’immenso stuolo di tutti gli eletti. I peccatori, frattanto, dando un’occhiata ai giusti, dovranno dare loro l’ultimo addio per sempre. Miseri noi, andranno dicendo, dunque non ci rivedremo mai più? Non ci troveremo mai più insieme? Dunque, o Vergine Maria, non ci sarete più Madre? Noi dovremo star sempre privi della vostra compagnia? Angeli santi, non ci presterete più la vostra cura? Anime tutte dei giusti, non pregherete più per noi? Oh! Felici voi che sarete dal gran Giudice benedetti per sempre! Noi, invece, veramente disgraziati, perché maledetti per sempre. Oh ignominiosa, dolorosissima, giustissima separazione!

Intanto, mentre i giusti si solleveranno per andare incontro al Giudice supremo, ecco aprirsi i cieli e scendere visibilmente la croce. A tal vista – dice S. Matteo -piangeranno tutti gli uomini, piangeranno i buoni per la gioia di averla volentieri portata e strettamente abbracciata, piangeranno disperatamente arrabbiati tutti i reprobi per averla fuggita, odiata e disprezzata. Così, piangendo e tremando tutti vedranno il divin Giudice seduto con grande maestà sopra le nubi, il cui aspetto sarà così terribile e spaventoso che basterà da sé solo a riempire quegli infelici di tanto orrore, che pregheranno i monti a cader loro addosso e i colli a coprirli con le loro rovine, per sottrarli alla vista di quel tremendissimo Giudice.

Dovranno sentirsi da quello stesso Gesù, che tanto oltraggiarono in vita, rinfacciare tutte le loro iniquità, dovranno vedere scoperti anche i peccati più occulti e segreti e manifestare, davanti all’intero universo, tutte le loro colpe, piccole e grandi. Ciascuno potrà vedere, come in un quadro, le sue scelleratezze con distinzione e chiarezza, così da riconoscerne tutte le particolarità: persone, tempo, luogo ed ogni altra circostanza che ne alteri la malizia o ne muti la specie. Dopo essere stati svergognati e confusi in faccia a tutto il mondo, si sentiranno fulminare dal divin Giudice con quel terribile anatema: «Partite da me, maledetti, andate al fuoco eterno». Con queste parole Cristo giudice pronunzierà sui reprobi cinque sentenze irrevocabili: 1) sentenza di allontanarsi da Sé: « discedite a me »; 2) sentenza di riprovazione: « maledicti »; 3) sentenza di abbandono: « discedite , andate»; 4) sentenza di pena: « discedite in ignem », «andate al fuoco»; 5) sentenza di eternità: « in ignem aeternum », «al fuoco eterno».

Che spavento, che tristezza, che disperazione, che pianto per quegli infelici! Dunque, andranno dicendo tra sé: «È finita per noi? È terminato il tempo di meritare? È svanita ogni speranza di ottenere perdono e di conseguire salvezza? Non vedremo più dunque la bella faccia di Dio? Non godremo mai più la bella compagnia degli Angeli, nostri santi avvocati? Non potremo più vedere il volto della Vergine Beatissima che ci fu sempre pietosa madre? Dunque, dovremo stare sempre nel fuoco dei demoni? Oh, noi infelici! Per non aver domato a tempo debito le nostre passioni, dovremo penare in eterno!».

Mentre i reprobi si vanno lamentando fra loro con questi così gravi ma inutili pensieri, i giusti, invece, cioè quelle anime che in vita si impegnarono a mortificare se stesse, a negare la propria volontà, a portare con umile rassegnazione la croce, a vivere, insomma, come conviene ad un buon cristiano o ad una vera religiosa, esulteranno di gioia e di consolazione, perché allora sarà finita per loro ogni sofferenza e sarà ormai giunto il tempo di andare con Cristo, loro Sposo celeste, a godere l’eterno premio che si sono guadagnato per il Cielo.

Gesù Cristo stesso vuole che, all’approssimarsi dei segni di quel giorno fatale che i profeti chiamano giorno di sdegno e di grande amarezza, i suoi discepoli alzino la fronte e si consolino, perché vicina è la loro redenzione, cioè il giorno in cui saranno liberati dalle tribolazioni di questa misera vita ed ammessi agli eterni godimenti del Cielo.

Ecco la grande differenza che intercorrerà tra i peccatori e quelli che si sono impegnati a servire Dio e a salvare l’anima propria: i primi saranno oppressi da una indicibile costernazione per essere vicina la loro eterna maledizione e non vorrebbero che mai spuntasse quel giorno tremendo; gli altri, per contrario, proveranno un grande conforto ed una grande gioia, perché scorgeranno prossima la loro eterna felicità desiderando, con infuocati sospiri, l’arrivo di quella giornata per loro gioiosa. Essi ripeteranno sovente con tanta sincerità – dice S. Agostino – la seconda domanda dell’orazione domenicale: « adveniat regnum tuum !». Venga, o Signore, il vostro Regno! Ammetteteci a godere con Voi e, poiché abbiamo combattuto con Voi, fate che presto veniamo a contemplarvi in Cielo. Con questa brama, con questi amorosi sospiri i giusti, ricevuta la benedizione del divin Giudice, si solleveranno da terra e, sorpassando le nuvole in compagnia di Gesù, di Maria e di tutti gli spiriti angelici, entreranno finalmente in possesso del Paradiso, dove saranno eternamente beati.

Mie dilettissime figlie, che sarà di noi in quel giorno di desolazione e di pianto? Saremo noi collocate alla destra con gli eletti, oppure alla sinistra con i riprovati? Ecco il pensiero che dobbiamo spesso meditare.

Procuriamo, mie dilettissime, di non essere fra quelle persone spensierate che rifuggono dal riformare le proprie disordinate inclinazioni. Preghiamo, invece, il Signore, che ci è ora amantissimo Padre, a tener sempre presente alla nostra memoria il suo tremendo giudizio, affinché non trascuriamo mai di impegnarci nella via della nostra santificazione con l’esercizio costante di ogni cristiana e religiosa virtù, affinché possiamo, in quel giorno, trovarci tutti insieme dalla parte destra con gli eletti.

Se pensassimo spesso al conto strettissimo che, al Giudizio universale, noi dovremo rendere a Dio non solo per tutte le offese che gli abbiamo arrecato, ma anche per tutte le grazie che inutilmente ci sono state elargite nel corso della vita affinché operassimo il bene, non faremmo mai cosa alcuna che potesse arrecare disgusto, né mai trascureremmo alcuna ispirazione ma, sempre sollecite ed esatte nell’adempimento dei nostri doveri e nella fedele imitazione del nostro divin maestro Gesù, meriteremo sicuramente la sentenza di benedizione riservata agli eletti, come io desidero per tutte voi.

Amen